La ‘scure’ dell’art. 28 legge notarile sulle rettifiche contrarie all’art. 59 bis della stessa legge.

 

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L’art. 1, comma 1, l d.Lgs. 2 luglio 2010 n. 110, come certamente noto, ha inserito all’interno della legge notarile l’art. 59 bis (in vigore dal 3 agosto 2010), che così dispone: «Il notaio ha facoltà di rettificare, fatti salvi i diritti dei terzi, un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, contenente errori od omissioni materiali relativi a dati preesistenti alla sua redazione, provvedendovi, anche ai fini dell'esecuzione della pubblicità, mediante propria certificazione contenuta in atto pubblico da lui formato».

 

La norma consente al notaio la facoltà di correzione degli errori formali che connotano un atto ricevuto o una scrittura privata autenticata, da lui stesso o da altro notaio, anche senza una previa istanza di parte. Facoltà che si qualifica anche più penetrante rispetto a quella concessa ai magistrati civili dall’art. 287 c.p.c. e amministrativi dall’art. 86 d.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104, che consente la correzione di omissioni o di errori materiali relativi a proprie decisioni, purché però vi sia un ricorso di parte che la richieda. Mentre si avvicina a quella concessa ai magistrati penali (dall’art. 130 c.p.p.), cui è consentito di rettificare gli atti d’ufficio, inaudita altera parte, naturalmente quando interventi di tal fatta non comportino modifiche essenziali dell’atto.

 

La rettifica di cui all’art. 59 bis l. not. può essere rogata dal notaio in presenza di due requisiti oggettivi:

 

  1. a)  un errore (ovvero omissione) materiale, che non incida sul contenuto sostanziale dell’atto e che origini da una discrasia tra la concreta esteriorizzazione del pensiero versata nell’atto stesso e ciò che il comparente, o il notaio rogante, effettivamente avrebbero voluto riportare su quello specifico ‘punto’;
  2. b) il fatto che tale errore (ovvero omissione) deve riguardare dati preesistenti all’atto da rettificare, e dunque risultare dal medesimo atto o da altro documento anteriore al rogito, pur potendo naturalmente emergere in un momento successivo alla stipula.

 

Autorevole dottrina ha poi tracciato dei limiti al ricorso all’istituto in esame. Ha dunque escluso la possibilità per il notaio di poter rettificare un atto giudiziario o un atto amministrativo, rilevando invece che è consentito rettificare un atto realizzato in forma pubblica amministrativa, sulla base cioè delle norme facenti parte della legge notarile che dovranno trovare necessaria applicazione nel caso di specie (cfr. G. Casu, La rettifica degli atti mediante certificazione notarile, in relazione al Convegno di Studio del Comitato Notarile Interregionale Abruzzo e Molise e dell’Associazione Notarile Abruzzese e Molisana – Pescara, 20 novembre 2010).

 

Tale premessa rappresenta solamente un breve compendio delle tante tematiche sostanziali che riguardano l’istituto in esame. In questa breve analisi, infatti, ci si vuole concentrare piuttosto sulle tematiche per così dire processuali, o più precisamente sulle conseguenze disciplinari per il notaio che redige una rettifica al di fuori dei presupposti di cui all’art. 59 bis, sopra sintetizzati.

 

Oramai è un fatto che Archivi e Consigli Notarili ipotizzano, a carico del notaio che infrange la norma su indicata, la violazione dell’art. 28, comma 1, n. 1, l. not., essenzialmente nella parte in cui punisce il notaio che riceve o autentica atti espressamente proibiti dalla legge. Ipotizzano, dunque, la nullità dell’atto di rettifica illegittimo, per essere contrario al disposto imperativo di cui all’art. 59 bis.

Il tutto, con le gravissime conseguenze sanzionatorie di cui all’art 138, comma 2, l. not., e cioè la sospensione da sei mesi a un anno, a seconda dei casi.

 

Ora, il citato art. 28 l. not., secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità oramai noto, consolidato e costantemente applicato dalla giurisprudenza disciplinare di merito, si riferisce agli atti affetti da nullità assoluta ed inequivoca, ovvero a quella nullità:

-           che risulti in modo testuale, e dunque nei casi stabiliti dalla legge, ai sensi dell’art. 1418, comma 3, c.c.;

-           che, in alternativa, possa ricavarsi in via del tutto pacifica ed incontrastata da un orientamento interpretativo ormai consolidato (cfr., in questo senso, Cass. Sez. VI Civ., 13 ottobre 2011, n. 21202; Cass. Sez. VI Civ., 11 marzo 2011, n. 5913).

 

Ebbene, ci si domanda alla luce di quale presupposto la violazione dell’art. 59 bis possa essere ricondotta a quella dell’art. 28. Attesa la pacifica interpretazione di tale ultima norma, sopra brevemente richiamata, due sembrano le considerazioni da poter evidenziare.

 

La prima è che l’art. 59 bis l. not. non prescrive che i suoi presupposti debbano essere rispettati a pena di nullità. Né sembrano sussistere ulteriori norme da cui poter evincere che gli atti di rettifica posti in essere in violazione dello stesso art. 59 bis siano nulli. Non sembra pertanto potersi ricavare da una simile norma alcuna nullità di carattere testuale ai sensi dell’art. 1418 c.c.

 

La seconda è che, in tema di nullità assoluta ed inequivoca dell’atto di rettifica redatto in violazione della norma ora in esame, non v’è alcun indirizzo interpretativo consolidato, né da parte della dottrina, né tanto meno da parte della giurisprudenza.

 

A tal ultimo riguardo, se infatti è vero che la Co.Re.Di. Toscana (decisione del 7 maggio 2015) e la Co.Re.Di. Lombardia (decisione del 2 novembre 2015) hanno ritenuto colpevole della violazione dell’art. 28 l. not. il notaio che ha posto in essere rettifiche al di fuori dei presupposti di cui all’art. 59 bis della stessa legge, è altrettanto vero che solo alcuni mesi prima la Co.Re.Di. Sicilia (decisione 30 ottobre 2013) ha ritenuto di dover assolvere il notaio incolpato di una simile fattispecie disciplinare.

 

Le decisioni che ritengono integrata la violazione dell’art. 28 l. not. non adottano particolari ragionamenti da poter ripercorrere e esaminare. Concludono semplicemente nel senso che il notaio che superi i limiti imposti dall’art. 59 bis, e dunque rettifichi un atto che non contenga errori materiali, pone in essere un atto nullo giacché proibito dalla legge e, in quanto tale, contrario ai dettami del citato art. 28.

 

La Co.Re.Di. Sicilia, invece, nega l’applicazione di tale grave norma atteso anche il fatto che di nullità in senso proprio può parlarsi solo con riferimento agli atti aventi natura negoziale (come emerge dalla normativa del codice civile relativa ai contratti: titolo II, capo XI, nonché dall’art. 1324 c.c. che estende tale normativa agli atti unilaterali), che non è propria della rettifica notarile sin qui esaminata. La stessa Commissione di disciplina conclude, poi, rilevando che la rettifica posta in essere dal notaio al di fuori dei presupposti di legge può dunque considerarsi tutt’al più inefficace, giammai nulla.

 

Ora, al netto della bontà delle opposte osservazioni sopra tracciate, e che si ritiene possano essere meglio esaminate in altre sedi, resta un ‘punto’ fermo: il contrasto interpretativo. Quel contrasto che, oramai per definizione, sembra negare che possa ritenersi integrata la violazione di una norma tanto grave e dalle conseguenze così invalidanti quale è l’art. 28.

Et de hoc satis.

 

Avv. Jacopo Vavalli - Foro di Roma - "Blog Now" - Il Blog di Fabrizio Santosuosso

 

 

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